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All’esplorazione del Cancel Culture con Giangennaro Cossilaffi

  • Immagine del redattore: FELM Agency
    FELM Agency
  • 21 apr 2022
  • Tempo di lettura: 4 min

Nell’universo dei brand che cosa si intende per Cancel Culture?


Ce lo spiega Giangennaro Cossilaffi nel corso di una videoconferenza con CEO di brand di gran respiro, incentrata sulla Responsabilità Sociale d’Impresa.


Il Cancel Culture: indaghiamolo con Giangennaro Cossilaffi


Giangennaro Cossilaffi fa coincidere il concetto di Cancel Culture con il fenomeno che prevede l’eliminazione da parte del consumatore di una marca, ritenuta scandalosa o “generatrice di qualsivoglia problematica”.


Giangennaro Cossilaffi mette in risalto il fatto che l’espressione Cancel Culture sia nata negli Stati Uniti.

Come nella nostra vita possiamo cancellare persone problematiche o che hanno deluso le nostre aspettative e fiducia, un simile atteggiamento può essere adottato da un cliente attuale e potenziale che, per qualche ragione rilevante, ritiene che la marca o lo abbia tradito o abbia intrapreso azioni poco etiche”

Giangennaro Cossilaffi


Il centro del Cancel Culture è la community


Giangennaro Cossilaffi evidenzia che il “cuore” del Cancel Culture sia proprio la community, nella misura in cui all’interno di questo gruppo sociale, che ha ovviamente degli aspetti digitali, vi siano delle interazioni di matrice sia amorosa che ostile verso il brand, oggetto di confronto.

Si ha Cancel Culture quando vi è una ragione comprovabile oggettivamente che viene avanzata dal consumatore. A questo va aggiunto anche l’elemento della massa o della quantità di persone che compongono la brand community.

In base al numero di partecipanti, il gruppo otterrà maggior visibilità e considerazione agli occhi degli altri consumatori”

Giangennaro Cossilaffi


Due esempi di Cancel Culture: Nike e Dolce & Gabbana


“Possiamo avere due tipi di aziende; ad un estremo abbiamo quelle che si impegnano concretamente in azioni e programmi socialmente rilevanti, mentre ad un altro abbiamo brand che mascherano i loro interessi economici dietro azioni di Pinkwashing che sembrerebbero orientate al bene collettivo ma che in realtà non lo sono.

In questo secondo aspetto prevale l’interesse monetario su quello della comunità.

In una posizione intermedia si collocano quelle marche che, sfruttando ad esempio strategie di Cause Related Marketing, riescono a creare una simbiosi tra gli interessi economici e quelli di matrice sociale e morale”

Giangennaro Cossilaffi

Per far comprendere ai lettori il fenomeno del Cancel Culture, Giangennaro Cossilaffi porta l’esempio di due brand che si sono distinti negativamente in questo discorso, ovvero: Nike e Dolce & Gabbana.


Nel primo caso il brand di abbigliamento sportivo ha utilizzato come testimonial della campagna dei 30 anni del payoff "Just Do It" un giocatore di football statunitense, Colin Kaepernick.


Giangennaro Cossilaffi | Nike

La problematica che avrebbe condotto i consumatori “a cancellare” dalla loro mente il marchio Nike viene rintracciata da Giangennaro Cossilaffi, in un periodo in cui il giocatore in questione decise di inginocchiarsi durante l’inno americano, gesto questo che simboleggiò un’avversione al razzismo e agli abusi di potere delle forze dell’ordine americane.


Giangennaro Cossilaffi evidenzia che tale gesto raccolse numerose critiche anche negli ambienti della politica, tanto che Donald Trump con un suo tweet si oppose all’azione dell’atleta.

“Scegliendo Kaepernick, Nike è entrata negativamente nelle zone politiche ma intorno a questa decisione il brand si è sin da subito fatto carico degli oneri e delle responsabilità del caso”

Giangennaro Cossilaffi

Giangennaro Cossilaffi mette in luce che anche Dolce & Gabbana ha rischiato “la rimozione” dalla testa e dal mercato cinesi.


Il centro del fallimento di questo brand è, secondo Giangennaro Cossilaffi, lo stereotipo della cucina italiana applicato al contesto e alla cultura della Cina.


Nel video promozionale della campagna del 2018 di D&G si nota infatti una modella asiatica che prova a mangiare il cibo italiano ricorrendo alle bacchette.

“A condannare il brand ha contribuito un processo di standardizzazione della cultura italiana. Si tratta pertanto di una dinamica di sopraffazione dei costumi italiani su quelli cinesi.

È chiaro che il cannolo siciliano mangiato con le bacchette sa di presa in giro.

Quello che ha condotto al fallimento della campagna è stato il non tenere in considerazione il fenomeno del melting pot

Giangennaro Cossilaffi


I contesti in cui si applica l’espressione “Cancel Culture”


Giangennaro Cossilaffi fa notare che l’espressione Cancel Culture non si applica solo al contesto aziendalistico ma anche ai settori della musica e del film.

“Uno dei primi riferimenti al Cancel Culture si può datare al 1991, quando uscì il film New Jack City, nel quale un gangster nero lascia la sua fidanzata esclamando: Cancel that bitch.

Questa espressione ha tratto ispirazione dal testo musicale degli Chic del 1981, Your Love Is Cancelled, brano questo che fa riferimento al concetto di cancellare una persona per una sua condotta inaccettabile”

Giangennaro Cossilaffi

Giangennaro Cossilaffi ricorda come dagli anni ’80 del secolo scorso il concetto di Cancel Culture sia stato impiegato nuovamente da rapper del calibro di 50 Cent e Lil Wayne.



La Cancel Culture declinata all’italiana


Giangennaro Cossilaffi offre anche una versione italiana della Cancel Culture.


Per Giangennaro Cossilaffi questa espressione, nella cultura italiana, investe gli ambiti dell’iconoclastia, della censura preventiva degli editori e della politica nazionale.

“La destra italiana, ad esempio, ha inserito nel suo vocabolario l’espressione Cancel Culture declinandolo nella concezione di un politicamente corretto che non consente la libera espressione del pensiero”

Giangennaro Cossilaffi





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Giangennaro Cossilaffi CEO of FELM Agency, esperto in business communication and digital experiences



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